È facile amare qualcun altro,
venerdì 11 marzo 2022
domenica 14 novembre 2021
LE VITE
NASCOSTE DEI COLORI.
Mio ha la
capacità di vedere i colori nella loro essenza, in profondità. Mio vede il
“Nero mezzanotte con una punta di Luna” o un “indaco che sa di mirtillo” o “il
giallo della pesca matura prima che si stacchi dall’Albero.” E’ cresciuta
imparando l’Arte dei dettagli invisibili nell’Atelier di famiglia dove, con ago
e filo si cuciono e si ricamano Kimono da sposa. Pezzi unici a partire dalla tinteggiatura
del tessuto creato per rispecchiare l’animo della sposa. I colori diventano il
suo modo di comprendere il mondo e diventano il suo Alfabeto per descriverlo.
Piano, piano, Mio, si accorge di percepire il colore dell’Anima di chi le sta
di fronte, perché ne vede il colore.
Mio è un
perfetto Eremita. Come Arcano VIIII la
immaginiamo camminare silenziosa e solitaria per le strade affollate di Tokio,
immersa nella visione personale di ciò che la circonda. La vediamo annotare sul
suo inseparabile taccuino tutte le sfumature diverse che animano cose e persone
intorno a lei cogliendone il loro senso più profondo. Sono le sfumature che
rendono ogni cosa o persona “unica” e diversa ed in questa diversità Mio riesce
a cogliere il “volto prezioso” di ognuno.
Nel mio modo di fare, sono anche io un
Eremita. A volte mi accorgo di attraversare i miei giorni facendomi strada con
la lanterna che Eremita mi offre. Rinchiusa dentro la lanterna una stella, la
mia stella polare, il mio desiderio che tuttavia una fitta nebbia grigiastra
non fa brillare come dovrebbe! Lo stupore è che è li che sento di voler stare.
Il silenzio mi rassicura. “Quasi, quasi mi preparo un te…indosso il mio maxi
pullover tutto sformato…e sto, così, ferma ad ascoltare il mio silenzio”. Però, anche io ho un dono, amo giocare con i
colori delle stoffe. Amo partire da un pezzetto di stoffa ed andarne a cercare
un altro differente che però accanto al primo dia forma ad un disegno…dia vita
ad un progetto. A volte, qualcuno mi chiama e mi chiede di “cucire per lei”
qualcosa. Di solito comincio a parlare e aspetto di captare qualcosa che mi
aiuti a realizzare proprio quello che vuole. Se l’idea non arriva faccio una
domanda: “Qual è il tuo colore preferito?” Non accetto il “Fai tu”, il “non so”
il “mi fido di te”. Ciò che ci leggo dietro è…il “Non mi fido di me” “Non mi
importa…voglio solo fare un regalo” e non lo accetto. Ci sono i negozi …si
entra, si vede, si acquista. Ma una trapunta, come una presina da cucina
handmade, come si dice oggi, è altro. E’ riprendersi il tempo e lo spazio di
tornare a donare qualcosa che “sa” di te. Dal colore (che è il tuo preferito)
al disegno (che scegli fra quelli che ti propongo) al tempo (che dedichi
all’idea). Lo so…sono “pesante” come mi dice qualcuno…Sono solo un Eremita mi
dico io da quando ho cominciato a comprendere gli Archetipi. Mi tiro il
cappuccio sulla testa e continuo a cercare negli scatoloni delle stoffe il
pezzetto di stoffa che mi serve!
Ma torniamo a Mio…
Come sappiamo bene, Gli Arcani non sono mai da
soli. Hanno bisogno di un altro Arcano che li completi. Mano a mano che mi
addentravo nella lettura del libro ed avendo individuato in Eremita l’Archetipo
sotteso in Mio, era sicura che prima o poi, Mio avrebbe incrociato Arcano XIII,
Senza Nome, essendo Eremita e Senza Nome complementari fra loro
Quale è il tuo colore Eremita? Grazie a lui hai
mai scoperto colori nascosti intorno a te?
Ed ecco, infatti, una mattina, arrivare nel negozio di colori, Aoi. Lui non vede i colori, è daltonico e gestisce l’Agenzia funebre ereditata dal padre. Un Arcano Senza Nome perfetto!!! Mio disprezza la morte. Per lei, quando arriva la Morte, il bianco si impossessa di tutto ciò che c’è intorno. E’ un vuoto in cui ogni cosa è persa. Mio e Aoi si specchiano l’uno nell’altro come due colori complementari, come due Archetipi destinati a completarsi. Aoi non vede i colori (ricordo che Senza Nome non ha occhi) ma anche lui ha un dono: sa portare luce nei giorni più bui delle persone. Si prende cura del corpo di chi se ne va e, con grande dolcezza, riesce ad accompagnare chi resta lungo la strada dell’accettazione della perdita. Mio vive in un modo pieno di colori ma teme il vuoto, l’assenza, la perdita. Aoi nell’accettazione di quel vuoto riesce a celebrare la vita. Alla fine queste differenze invece di separare uniranno i due ragazzi in modo indelebile. Aoi prenderà per mano Mio e riuscirà a cancellare le sue paure, Mio riempirà gli occhi di Aoi con tutti i colori che conosce donandogli un nuovo modo di guardare il mondo.
“Vorrei
abitassimo insieme un colore-mormorò Aoi-un colore in cui rifugiarci quando le
cose si mettono male. Mio, allora, pensò che, come non sapeva il colore di sé
stessa, non avrebbe mai saputo quello di Aoi. Ciò che contava era quanto
sarebbe nato dalla loro somma: Il loro colore”
Anche io nei periodi di Eremitaggio non è raro
che mi faccia sommergere dal bianco che teme tanto Mio. Al Maxi Pullover e al
te, se non sono in Estate, aggiungo una bollente borsa dell’acqua calda. E
aspetto che Senza Nome arrivi a tendermi una mano. So cosa vuole dirmi. Devo alzarmi
da questa sedia, smetterla di cercare l’uguale a me negli altri ed accettare di
sentirmi diversa…E’ necessario, a volte, avvertire di essere alla fine di una
strada, di mollare persone e cose senza perdermi in tutto quel bianco che per
me ha il sapore dell’abbandono. E’ necessario ma doloroso, è necessario ma
difficile…è la strada in salita che consigliava Terzani davanti ai bivi. E’
guardando in quel vuoto che potrò celebrare la vita di una nuova me, mi
suggerirebbe Aoi. A volte serve perdere l’equilibrio per vedere meglio chi
sei. Senza Nome cammina lenta ma
inesorabile. Devo trovare il coraggio di andarle incontro con un fiore invece
di fare finta di non sentirne la presenza per provare ad allontanarla. Solo
così la nebbia, il bianco si dissolveranno e riuscirò a trovare il nuovo colore
in cui rifugiarmi quando le cose si mettono male e penso di essere abbandonata.
giovedì 22 luglio 2021
FINCHE’ IL CAFFE’ E’ CALDO
In Giappone c’è una caffetteria speciale. Qui c’è un unico tavolino che ti aspetta. Si
narra che dopo esserci entrati ed aver bevuto una tazza fumante di caffè, non
si sia più gli stessi. Si narra che bevendo quel caffè sia possibile rivivere
il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta
una parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona
che non bisognava perdere. Un tavolino, un caffè e noi, di fronte alle nostre
paure, alla nostra pigrizia…di fronte a noi stessi. Guardiamo Arcano X (Ruota
di fortuna). Una Ruota: è il Tavolino di quello strano Bar che ci aspetta, più
o meno, a metà del Percorso del Bagatto. Seduti lì ad aspettarci una scimmia
che rappresenta la mancanza di consapevolezza, un coniglio che rappresenta la
mancanza di coraggio ed una Sfinge con una spada in mano. Quella Spada altro
non è che il caffè caldo e fumante che, in questo romanzo, i protagonisti
ordinano, spinti dal desiderio di capire qualcosa in più di sè stessi. La
Sfinge che si trovava davanti all’ingresso della città di Tebe poneva un
indovinello a chi voleva entrare. Se la risposta era sbagliata la Sfinge li
mangiava. Lo stesso accade a chi viola una delle leggi di quello strano Bar: Il
caffè va bevuto a piccoli sorsi e finché è caldo. Se si lascia freddare il
caffè…si diventa fantasmi…si è mangiati dalla Sfinge…si resta attori di “ieri”
prigionieri di un tempo passato che non possiamo assolutissimamente modificare.
Tuttavia guardare indietro può aiutarci a comprendere quanto importanti siano i
ricordi, sia pur dolorosi, quando riusciamo a farli riaffiorare e sostituiamo
al rimpianto per non averli saputi vivere al meglio, la consapevolezza di poter
cambiare nel presente il nostro modo di agire, di essere. “Serve coraggio per
dire quello che va detto” e “E’ impossibile, mentendo a se stessi, lasciar
perdere: La verità vuole uscire a tutti i costi.” Ed ancora: “Volendo si trova
sempre il modo di uscire dalle difficoltà, serve solo cuore.” Questi alcuni
degli insegnamenti ricevuti dai protagonisti di questo romanzo, che hanno
trovato il coraggio di sedersi a quel tavolino e di guardare nella spada della
Sfinge bevendo a piccoli sorsi il loro caffè. E se con loro, anche noi
riusciamo comprendere, eccoci uscire dagli errori di ieri. E la Sfinge, invece
di mangiarci, ci inviterebbe a salire in corsa su quella Ruota che ha ripreso a
girare sussurrandoci: “Dai valore al tuo tempo, usa ogni momento, fa’ cadere le
tue paure, metti da parte pregiudizi ed orgoglio …e cambia, qui ed ora, il tuo
modo di agire. La vita è come il caffè, per gustarla va bevuta piano, sorso
dopo sorso…finchè il caffè è ancora caldo…fino a quando si è in tempo per
comprendere, cambiare, crescere ed imparare ad Amare! C’ è sempre tempo per
essere felici!”.
venerdì 25 giugno 2021
I 3 CAPELLI D'ORO Parte seconda
Eremita, quindi, è giunto da vanti
ad una casetta…
Dentro c’era una vecchia seduta vicino ad un fuoco ruggente, e gli corse
accanto, lo raccolse nelle sue braccia e lo portò accanto al fuoco. Lo tenne
tra le braccia come una madre tiene il suo bambino. Si sedette sulla sua sedia
a dondolo e lo cullò. Eccoli, il povero fragile vecchio, un mucchietto di ossa,
e la forte vecchia che lo cullava avanti e indietro. E lo cullò per tutta la
notte, e verso l’alba era diventato un uomo molto più giovane, un bellissimo
uomo dai capelli d’oro e dalle forti membra. E lei continuava a cullarlo.
Stava per spuntare l’alba, la vecchia si affrettò a stappare tre capelli
dalla testa del bambino e le gettò sulle mattonelle, e cadendo produssero un
suono cristallino.
E il bimbetto che teneva tra le braccia scivolò giù dal suo grembo e corse
alla porta. Si voltò un attimo a guardare la vecchia, le sorrise di un sorriso
luminosissimo, poi si volse e volò in cielo per diventare lo splendido sole del
mattino
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La favola ci racconta che
nella casetta c’era una vecchia che ti soccorre, ti prende in braccio, ti porta
dentro accanto al fuoco e ti culla come fossi un bambino.
La vecchia in
questione è la “Senza Nome”. Nelle favole è chiamata la Donna scheletro o
“colei che sa” o Baba Jaga o “ la Què Sabè “ o anche la vecchia di 2 milioni di
anni.
Sedersi con lei accanto al
fuoco è ciò che ci consentirà di ritrovare le forze dopo l’estenuante camminata
nel bosco a contatto con tutte le nostre paure. Senza Nome ci culla tutta la
notte. Il dondolio e la nenia che lei ci sussurra fanno si che l’energia, a
poco, a poco torni a scorrere dentro di noi.
Ascoltiamo la sua nenia:
Lascia che le cose si rompano, smetti di sforzarti di tenerle incollate.
Lascia che le persone si arrabbino.
Lascia che ti critichino, la loro reazione non è un problema tuo.
Lascia che tutto crolli, e non ti preoccupare del dopo.
Dove andrò?
Che farò?
Nessuno si è mai perso per la via, nessuno è mai rimasto senza riparo.
Ciò che è destinato ad andarsene se ne andrà comunque.
Ciò che dovrà rimanere, rimarrà comunque.
Troppo sforzo, non è mai buon segno, troppo sforzo è segno di conflitto con
l’Universo.
Relazioni
Lavori
Case
Amici e grandi amori.
Consegna tutto alla Terra e al Cielo, annaffia quando puoi, prega e danza
ma poi lascia che sbocci ciò che deve e che le foglie secche si stacchino da
sole.
Quel che se ne va, lascia sempre spazio a qualcosa di nuovo: sono le leggi
universali.
E non pensare mai che non ci sia più nulla di bello per te, solo che devi
smettere di trattenere quel che va lasciato andare.
Solo quando il tuo viaggio sarà terminato, allora finiranno le possibilità, ma fino a quel momento, lascia che tutto crolli, lascia andare. ( Claudia Crispolti)
Quando la vecchia smette di cantare, fuori, sorge l’Alba.
Contemporaneamente Il
progetto che era così nebuloso, il blocco personale o creativo che ci aveva
costretto a vagare stanchi e logori nel bosco, dentro di noi riprende vita.
La Vecchia continua a cullare…e al nostro risveglio ci
sentiamo allegri come un bimbo senza pensieri. Come lui siamo impazienti di
andare via, di dare inizio al nostro progetto fino ad ieri rimasto chiuso nel
cassetto. Eccoci, siamo davanti allo specchio finalmente orgogliosi
dell’immagine che vediamo riflessa … Quel volto, il nostro volto, sprizza
energia da tutti i pori!!! Cominciamo a spazzolarci i capelli canticchiando una
canzone…ma…dei capelli restano impigliati nella spazzola…ne cadono a terra 3…ci
torna in mente la nenia di Senza Nome: “lascia che le foglie cadano…” e
comprendi che quei 3 capelli sono il simbolo dei famosi rimuginii che prima ti
hanno portano, a sentirti vecchio ed esausto…ma ora tu sai che buttarli via è
la soluzione. Il tintinnio che fanno cadendo per terra è una sveglia per
l’anima e l’avverte che dentro di noi si è fatto spazio per qualcosa di
completamente nuovo che è pronto a nascere
Senza Nome, Colei che
sa, ci ha svelato il segreto del Ciclo Vita/Morte/Vita: Abbiamo attraversato il
buio del bosco, ci siamo dati il tempo di riposare fino all’Aurora…e siamo
pronti ad andare oltre, ormai in grado di risplendere anche noi come il nostro
nuovo giorno.
Se guardi l’immagine degli Arcani postati sotto ti
accorgerai che quel bimbo Felice dell’Arcano XVIIII “Il Sole” cavalca ora il
cavallo su cui procedeva nell’Arcano XIII la vecchia, saggia Senza Nome!
Se ci pensate bene Arcano VIIII Eremita quando arriva a
comprendere sé stesso, per rendere visibile questo suo passo in avanti, nel
percorso del Bagatto, aggiunge una X al numero che lo contraddistingue, quindi
VIIII+X= XVIIII …diventa lui stesso “Il Sole”!
I TRE CAPELLI D'ORO Parte Prima
Una volta, una notte nera e profonda, una di quelle notti in cui la terra è
nera e gli alberi paiono mani rugose e il cielo è di un blu profondo, un
vecchio attraversava barcollando un bosco, mezzo accecato dai rami degli alberi che gli
graffiavano la faccia. In una mano teneva una piccola lanterna. La candela
nella lanterna mandava una luce sempre più fioca. L’uomo aveva lunghi capelli
gialli, denti gialli e unghie ricurve e gialle. Era tutto curvo, e la schiena
era arrotolata come un sacco di farina. Era tanto segnato dalle rughe che la
pelle pendeva a pieghe e falde dal mento, dalle ascelle e dalle anche.
Si afferrava a un albero e poi avanzava un poco, poi si afferrava a un altro
albero e riprendeva il cammino, e così andava avanti nel bosco. Tutte le ossa
dei piedi gli dolevano e bruciavano come fuoco. I gufi sugli alberi stridevano
insieme alle sue giunture mentre si spingeva avanti nell’oscurità.
In lontananza si scorgeva una piccola luce tremolante, una casetta, un
fuoco, un posto per riposare, e faticosamente si diresse verso quella piccola
luce. Quando arrivò alla porta era così stanco, esausto, la piccola luce della
lanterna si spense e il vecchio crollò contro la porta.
“Basta, non ne posso più…Sono stanca…mollo tutto, non fa per me” Quante
volte abbiamo pronunciato queste parole?
Il progetto era chiaro ed avviato, gli appuntamenti fissati nell’Agenda…ma
all’improvviso si avverte la sensazione che qualcosa dentro si è rotto. Il
posto della persona attiva e determinata che eravamo è stato occupato da un
qualcuno assolutamente privo di forza e coraggio. Quando siamo in una
situazione così l’unica cosa da fare è chiedere
aiuto al vecchio EREMITA.
Eccolo qui Eremita, il cercatore di senso. Proviamo ad ascoltare le sue
parole.
“Segui la luce della mia lanterna… A volte è necessario ritirarsi,
allontanarsi.
Cercare di comprendere il perché del nostro stare male non prevede la
scorciatoia di una serata con gli amici.
Non è nemmeno cercare di fare il vuoto intorno a noi per avere
l’impressione di rientrare in possesso della nostra vita. Ciò che io ti
propongo è di girovagare con me nel bosco buio e fitto del tuo inconscio alla
ricerca della tua anima. Li vedi gli alberi? Sembrano spettri! I rami sembrano
mani di scheletri che non ti consentono di procedere nel cammino. Dai la colpa
ai gufi ed ai rami per la paura che provi…ma se usi la mia lanterna e li
guarderai appariranno per quello che sono: Mostri creati dalle tue paure. Sono
i blocchi che non ti consentono di proseguire nella strada che hai scelto per
te… Dopo averli guardati bene torneranno ad essere quello che sono: Alberi e
gufi. La strada del “conosci te stesso” non è facile. Prevede coraggio. A volte fa saltare degli
schemi, a volte fa fare un gran casino…perché si diventa chiari, diretti e
scomodi… ma il tuo passo nel bosco diventerà sicuro: sarà appoggiandoti a quei
mostri che piano piano arriverai a quella casetta che vedi poco distante.
Facendoti
aiutare da Eremita, prova a guardare dentro di te
Quali
sono le paure che rendono il tuo cammino pieno di ostacoli?
I
Rami degli Alberi tentano di accecarti. Cosa non vuoi vedere?
sabato 1 maggio 2021
LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO- Parte 3
Avevamo lasciato Aurora ferita dal fuso…
Nella dimora di Malefica, intanto, il principe è tenuto
prigioniero in una cella.
Le fate, di nascosto entrano nel castello e liberando il
principe, gli raccontano tutto quello che è accaduto e lo incitano a correre a
salvare la sua amata.
Ma Malefica è molto
potente e Filippo non potrà pensare di vincere senza ricorrere all’aiuto della
Spada di Verità e dello Scudo di Virtù fornitogli dalle buone fate.
Filippo insieme a Flora,
Fauna e Serenella, riesce a fuggire dalla prigione, ma Malefica, decisa a che
nessuno arrivi dalla Principessa, chiama a raccolta tutte le forze del male e
comanda loro di far crescere, lungo la strada che porta al castello di Aurora,
una intricata foresta di spine.
“La sua tomba (di Filippo) sarà una foresta di rovi, folta ed
intricata che nessuno la scovi… ora va e porta nella tua spira l’orrenda forza
della mia Ira” comanda Malefica alle forze del male dalla torre più alta del
suo castello.
Ma la forza di un cuore innamorato e la spada di Verità riescono
ad aprirsi un varco fra tutte quelle spine e Malefica, sull’orlo di una crisi
di nervi, si trasforma in un gigantesco drago che si para davanti alla porta
del castello di Aurora.
Impossibile entrare.
Impossibile che Filippo riesca ad uccidere quel drago.
Saranno, infatti, le parole chiare e decise della fata Flora a
concludere il combattimento e a sconfiggere Malefica:
“Spada di verità vola
diritta, del male provoca la sconfitta!”
dice Flora mentre con la bacchetta magica traccia la traiettoria
lungo la quale la spada, con il suo carico di verità, riuscirà a conficcarsi
nel cuore del drago.
Il bacio di Filippo e
Aurora che si desta sancisce la fine della favola.
Come sappiamo se finisce una favola…la nostra vita continua, si
spera, arricchita dal dono che la favola aveva in serbo per noi. Provo a
condividere il mio.
La favola racconta la battaglia che ognuno di noi deve condurre
per allinearsi al desiderio dell’anima. Qui l’anima a cui riunirsi è Aurora.
Un avo si è sentito
estromesso dalla famiglia e aspetta che negli anni la sua maledizione si
perpetui.
Io nasco e l’eco di
quello sgarbo e di quella esclusione arriva fino a me portandomi la sensazione
che, per essere libero devo “nascondermi.”
Quale soluzione migliore
di cambiare il nome? Lo faccio o inconsapevolmente qualche familiare lo fa per
me…e per un po’ va meglio…ma poi la vecchia ferita torna a sanguinare con
perdita di energia, stanchezza, sonno.
La favola dice che
Malefica non si rassegna…dal suo castello controlla, aspetta e chiama a sé.
E’ questo il momento in
cui potrei cominciare a frugare nei racconti di famiglia, a togliere la polvere
da vecchie scatole di foto e mettermi sulle tracce di qualche avo di cui si
parla poco o niente e quando se ne parla si arrossisce e si cambia,
frettolosamente, discorso.
Malefica è lui o lei.
A questo punto dovrei
aver già compreso che cambiare nome non è la soluzione al problema…devo
affrontare Malefica! La favola mi racconta di un duello…Ma quel duello fra me e
Malefica dove si svolge? Su quale ramo dell’Albero devo cercare la mia foresta
di rovi?
L’indizio è nelle parole con cui Malefica descrive a Filippo la
foresta di spine: La foresta di Malefica è così folta ed intricata perché
contiene in sé tutto il rancore accumulato negli anni da Malefica.
Quella foresta in realtà
non è un luogo, ma è l’immagine riflessa di un dolore senza tempo e senza fine.
Avevamo indicato in Arcano VIII (Giustizia) l’archetipo di
Malefica. Ora che lo guardo più attentamente mi accorgo che c’è uno spazio fra
la mano che regge la spada e quella che regge la bilancia...Trovata!!! E’ qui
la foresta di spine!!!
La lotta è nel passare da una spada usata per giudicare e
giustiziare a quella Spada di Verità che la Fata Flora dona a Filippo e che
Temperanza (Complementare di Giustizia) è pronta a consegnarci, sempre.
Attraverso i racconti
qualche avo è stato etichettato come traditore, matto, una vergogna per la
famiglia?
Come in uno specchio,
attraverso la lama della spada di verità acquisiremo altri punti di vista e,
cosa più importante arriveremo a comprendere che tutto ciò che è accaduto
aspettava proprio noi, proprio in questo momento per portarci a comprendere chi
siamo e di cosa siamo capaci.
Come l’ira di Malefica
era rimasta intrappolata con lei fra le mura di un castello ormai in rovina,
così lo sconforto e il rancore di qualcuno, nel nostro Albero Genealogico,
aspetta solo di essere riconosciuto ed accarezzato.
Questa accoglienza, questa accettazione delle cose per ciò che
sono state e per quello che hanno prodotto nelle nostre vite, è una forma
potente d’Amore. L’unica capace di aprire un varco nelle foreste di spine oltre
le quali c’è quella porta sita vicino al cuore di Giustizia…proprio sotto la
sua bilancia, che, come fosse uno scudo di virtù, la protegge. Attraversandola potremo riabbracciare la
nostra Aurora, la nostra Anima.
Come Filippo, con il
suo bacio ad Aurora, rompe l’incantesimo nel Regno e tutti si svegliano…anche
noi potremmo donare un nuovo risveglio a chiunque nel nostro Albero.
Se studi il Mandala …Dove hai Giustizia? Questo per te potrebbe essere un
primo indizio per comprendere dove cercare la tua foresta di spine. La favola è
la storia di un tempo interrotto…hai una Giustizia nella tua linea del Tempo?
Se non lo studi… ho un’idea sul come accompagnarti a cercarla…
.
LA BELLA ADDORMENTATA
NEL BOSCO -Parte2
Eravamo rimasti alla fatina buona che aveva
mitigato l’effetto della terribile maledizione di Malefica. Ma tutto questo non
riusciva a far stare tranquilli i genitori e le Fate per cui Flora, Fauna e
Serenella, nel tentativo di nascondere Aurora a Malefica, la portano a vivere
insieme a loro in una casa nel bosco e per essere più sicure che nessuno possa
riferire a Malefica di averla conosciuta le cambiano anche nome: per tutti sarà
Rosaspina.
Nel frattempo Re Stefano ha fatto bruciare
tutti gli arcolai presenti nel paese.
Gli anni passano e
Rosaspina cresce colma di ogni bene, ignara di essere una Principessa ma il
passare del tempo non scalfisce il dolore di Malefica. Chiusa nel suo castello, colma di rabbia e
rancore vive aspettando solo il momento per potersi vendicare.
La vita, lo sappiamo, è sempre pronta a
scompigliare tutto ciò che abbiamo organizzato cercando di prevenire qualsiasi
imprevisto, e, a dispetto delle accortezze usate dalle Fate e da Re Stefano, il
giorno del suo sedicesimo compleanno Rosaspina, casualmente, incontra il
principe Filippo e senza sapere chi è si innamora, ricambiata da lui.
Tornata a casa, però,
ha una brutta sorpresa: le tre buone Fate le svelano il segreto taciuto per 16
lunghi anni: Lei è la principessa Aurora, e fin da prima che nascesse era stata
promessa in sposa, per ragioni di Stato, al Principe di un regno vicino. Va da
sé che dovrà abbandonare il suo sogno d’amore e accettare di vivere la vita che
il padre da tempo, ha deciso per lei.
“ La contadinella
Rosaspina” altro non è che un trucco per sottarla alla maledizione di Malefica.
Con la tristezza nel cuore, Rosaspina arriva al castello e attraversa le sale,
apre porte, entra in luoghi sconosciuti, fino a salire su una vecchia torre
come ipnotizzata da una strana luce verde. In una stanzetta della torre
Rosaspina trova una donna che l’aspetta: Malefica!!! Come se fosse la Ruota del Karma, così gira
la ruota dell’unico arcolaio sfuggito alle guardie del re e nascosto con cura
da Malefica… Rosaspina tocca il fuso e, come le parole scagliate con rabbia 16
anni prima avevano sancito accadesse, cade a terra addormentata. Insieme a lei
sprofondano nel sonno i genitori e ogni abitante del castello e il Regno tutto.
Perfino il fuoco del camino si spegne e la fontana smette di zampillare. Il
tempo è interrotto, sospeso, da questo momento…per tutti
Continuiamo ad
esaminare la Favola. Una bimba a cui i genitori avevano attribuito come nome
Aurora diventa per tutti Rosaspina.
Ma, come le parole incise nell’Aria non si
possono cancellare, così i nomi creano il nostro spazio sacro e delineano la
missione che la nostra Anima ha scelto di portare a compimento nella famiglia e
nell’Albero Genealogico.
Se Aurora portava in
sé il progetto di un “risveglio”,
Rosaspina proietta la Principessa verso un destino deciso da altri prima
di lei, vittima di una spina (il fuso di un arcolaio) che la porterà a vivere
una vita da dormiente…in un Regno (un albero genealogico) dove tutti dormiranno come lei e ogni cosa sarà
uguale per sempre. Cambiare il nome per sfuggire alle parole incise fra i rami
dell’Albero Genealogico da un avo deluso, arrabbiato, escluso non serve. A mio
avviso la voglia di dormire sostituirebbe la voglia di “fare”, “creare” dal
momento che tutto lì fuori ci apparirebbe immobile. Le difficoltà incontrate
nel corso dei giorni sarebbero, per chi rivive l’archetipo di Rosaspina, l’eco
di un dolore inevitabile, di un qualcosa che potrebbe far male, pungere,
ferire. La reazione? “Faccio prima io-dico-tanto so come va a finire” e senza
aspettare di pungermi ancora…mi butto sul letto e dormo!!!
Guardiamo ora, la
storia con gli occhi degli Arcani dei Tarocchi.
La Principessa si trova di fronte ad Arcano X ( Ruota di Fortuna).. La
Sfinge ha in mano una spada. La sua forma ricorda un fuso di arcolaio, glielo mostra e le pone la
domanda: “Chi sei?” La fanciulla sulla
testa porta il peso di una corona che, fino a poche ore prima, non sapeva
essere sua. Le hanno detto che Rosaspina era un trucco e che il suo vero nome è
Aurora, ma quel nome è, per lei, privo di senso…. Cammina per le stanze di un
palazzo che le hanno detto essere suo ma in cui si sente estranea. Rosaspina/Aurora
non sa chi è. Non può rispondere alla domanda e la Sfinge, così, non può farla
passare. La Ruota è bloccata. Il Tempo è interrotto. Il fuso la punge e lei
come Arcano XII (Appeso) paga per colpe non sue .
A domani per l’ultima
parte